MOZIONE CONGRESSUALE – Vasto – Palazzo D’Avalos –
16-17-18 settembre 2011
Brunella Clementel
Coordinatrice Regionale Donne Trentino
“DALLA PROTESTA ALLA PROPOSTA”
Il new deal dell’Italia Dei Valori
Nulla di più azzeccato del “new deal” di roosveltiana memoria, lo slogan del nostro Presidente “dalla protesta alla proposta”.
La necessità di un “nuovo corso” di fronte alla disastrosa situazione economica in cui versava l’America negli anni venti del secolo scorso, ricalca esattamente la disperata situazione dell’Italia di oggi che necessita di una forte “proposta” non tanto di un nuovo governo, quanto di un nuovo modo di governare che ci risollevi dalla melma in cui il berlusconismo ci ha sospinti.
L’Italia Dei Valori è in prima linea: sono nostri i valori che oggi devono essere messi in campo.
Mi pongo, però, anzi pongo a tutti, un quesito: chi traccerà la strategia del ‘nuovo corso’?
Quali uomini e, permettetemi, quali e… quante donne, saranno strateghi e strateghe del new deal dell’IDV?
Coloro che sono abituati a demolire, saranno in grado, di ricostruire credibili alternative?
I colonnelli perennemente armati e pronti a contrastare, confutare, eccepire, le opinioni ed i comportamenti del “nemico”, saranno in condizione di ascoltare, discutere e accettare pareri e tesi di avversari politici ? E’ sufficiente togliersi l’elmetto per essere persone diverse?
Possiamo al limite, giustificare il maschilismo, o machismo, del nostro partito fino a ieri,
– tempo della protesta -, al grido: “…guerrieri in prima linea, donne e bambini al coperto”, ma oggi?
Vogliamo ancora ignorare le sensibilità e le doti delle donne IDV?
Continuiamo a citare statistiche che sottolineano come le poche Aziende governate da donne si comportino meglio, in tempi di crisi, di quelle in cui le donne sono escluse; a noi, donne IDV, sembra che l’Italia sia un’azienda con l’acqua alla gola e vorremmo partecipare al salvataggio.
Noi siamo pronte ed il partito dell’Italia Dei Valori è la piattaforma più indicata per questa esperienza.
Altrimenti, quale cultura mettiamo in campo per il ‘nuovo corso’? La spettacolarizzazione, il populismo, la personalizzazione e tutto quanto caratterizza oggi il nostro sistema politico ci permetteranno di rielaborare una relazione tra un progetto culturale originale e la vita politica? Attraverso quali strumenti e per mezzo di quali rappresentanti?
Il degrado del linguaggio e dei comportamenti pubblici cui il berlusconismo ci ha trascinato, ci permetterà di riaffermare il valore dell’etica e della legalità?
Arroganza e volgarità continueranno a sopravanzare sulle regole della convivenza civile?
Sono fermamente convinta che il riscatto da tutto ciò è iniziato ed è in corso.
E’ iniziato il 13 febbraio 2011, promosso dalle donne italiane con il movimento “Se non ora QUANDO?”
Un primo segnale che ha poi trascinato gli italiani nelle successive elezioni amministrative e, di seguito, nei referendum. Un movimento di massa che ha riportato in auge termini come condivisione e partecipazione.
L’Italia dei Valori non non può sottovalutare la portata di quest’onda, non può ignorare il significato del contributo che le donne italiane possono dare.
IL ‘FAMILISMO’ ITALIANO
E’ un tema che sento particolarmente e che credo debba essere combattuto dalle donne perché, temo, in buona parte dipenda da noi stesse. Almeno da quel certo tipo di mamme italiane vittime di tradizioni arcaiche, frustrate per il crollo del mito del matrimonio, quelle mamme iperprotettive che difendono fino al parossismo… l’attaccamento alla famiglia.
Parlo del “familismo” la piaga sociale che sovrasta e annienta lo Stato perché pone come valore assoluto i legami familiari deresponsabilizzando gli individui dai vincoli della solidarietà sociale.
Non voglio con questo demonizzare la famiglia, la cellula base per la costruzione della società, voglio sottolineare il fatto che la giovane Repubblica Italiana è tuttora ancorata alla primordiale fase di nucleo familiare, al massimo di clan o tribù, e non è riuscita ancora a raggiungere lo stadio di società civile, come aggregato di cittadini.
Il familismo è amorale (Edward Banfield, 1958) perchè, non fidandosi della collettività si contrappone al senso civico, alla vita associata nella polis.
Sono manifestazioni di familismo tutte le situazioni in cui gli interessi della famiglia, del clan, del gruppo sono prioritari anche se in contrasto con quelli della società tanto da giustificare ogni tipo di comportamento, anche illegale. A cominciare dalla mafia, ‘ndrangheta e camorra; ma potremmo parlare anche di Comunione e Liberazione, una regressione tribale mascherata da comunitarismo e settarismo, o della Lega Nord con la sua aspirazione separatista malcelata nel federalismo che ha incantato anche gli operai della CGIL!
Ma parliamo di familismo anche trattando di corporazioni, di albi professionali, di caste, e di qualunque gruppo di interesse in grado di esercitare un potere influenzando quello politico.
Il rapporto Isfol 2007 è rivelatore: «Il miglior ufficio di collocamento in Italia resta la propria famiglia. Intesa in senso allargato: la rete dei parenti, degli amici, dei colleghi, dei conoscenti. Quella rete che con il tam-tam, informazioni riservate, le dritte giuste e infine la raccomandazione, può farti vincere la gara più combattuta di questi tempi, la gara per il posto di lavoro. Il curriculum, il colloquio, le lingue straniere: tutte carte importanti da giocarsi, ma mai decisive come la telefonata giusta alla persona giusta».
Una aberrazione, quella del familismo, che genera società chiuse, le une contro le altre in difesa o per la conquista di privilegi per i propri affiliati, una lotta alla cui base sono omertà e corruzione, in netta antitesi al “capitale sociale” nella sua accezione di risorsa morale di una comunità fondata sulla fiducia come bene pubblico, sulla responsabilità, sulla solidarietà e disponibilità alla collaborazione.
Anche nella economia nazionale il familismo esercita la sua influenza negativa. Una nazione con forte propensione al familismo, come l’Italia, con scarso orientamento alla comunità per la diffidenza nei confronti delle relazioni non-familiari, non solo avrà un apparato pubblico poco efficiente e corrotto ed una vita sociale in cui gioca un ruolo importante la criminalità organizzata, ma, nel mondo del lavoro, sarà costretta a dipendere dalle piccole-medie imprese di tipo familiare oppure dalle grandi imprese, purché statali.
Le piccole imprese possono essere molto efficienti, ma non possono affrontare gli attuali mercati globalizzati che necessitano di processi di produzione e distribuzione complessi e di ingenti capitali; e, d’altra parte, le grandi imprese statali sembrano essere molto meno efficienti delle grandi imprese private. Quindi, in definitiva, è il “capitale sociale” e non il “familismo” ad avere una profonda influenza sulla produzione di ricchezza.
Noi donne, noi mamme, portiamo ancora i condizionamenti storici e culturali del ruolo femminile imposto da una società arcaica. I diritti paritari, conquistati sulla carta, non saranno realmente da noi acquisiti fino a quando non riusciremo a modificare questa cultura. Due, quindi, gli obiettivi prioritari:
– una lotta culturale, più che giudiziaria, ad ogni espressione di familismo e tribalismo per portare la società ad una forma di democrazia degna di questo nome
il rilancio dell’istruzione pubblica e di tutti i mezzi di comunicazione in grado di alzare il livello culturale degli italiani a cominciare dalle giovani generazioni ma senza trascurare gli adulti.
IL FATTORE “D” RISORSA PER L’ECONOMIA
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FATTORE "D" RISORSA PER L'ECONOMIA
Due parole, infine, sul lavoro svolto da un gruppo di Coordinatrici regionali, sotto la guida del prof. Sandro Trento e del Dipartimento Economia e Finanze, con l’obiettivo di individuare linee programmatiche per superare i gap di genere e generazioni che contribuiscono a frenare lo sviluppo e l’economia italiani.
Ne sono scaturite due pubblicazioni: la prima, raccoglie tutti i lavori individuali, mentre la seconda li compendia in una sintesi fatta dal Dipartimento Economia e Finanze che ne ha poi curato la fattibilità e l’analisi dei costi.
Sono particolarmente orgogliosa di aver partecipato a questo gruppo di lavoro, perché rappresenta un momento di partecipazione attiva alla politica nazionale ed un fattivo contributo all’Italia Dei Valori.
Ritengo sia questa la strada da perseguire ed incentivare: una stretta collaborazione tra iscritti e Dipartimenti tematici sia nella dimensione nazionale che in quella locale, nelle singole Regioni, per affrontare i temi politici di maggiore attualità, studiare possibili soluzioni e confrontare esperienze diverse.
Una nota a margine: un aspetto che non era stato preso in considerazione dal Gruppo di studio, ma che è prepotentemente uscito allo scoperto in molti dei lavori è il gap Nord/Sud che, a sua volta, causa ed alimenta i gap di genere e di generazioni: Arretratezza Culturale!